Umanità al bivio

Umanità al bivio

Giugno 28, 2019 1 Di Francesco Cappello

Continuare a lasciarli fare condurrà al tramonto certo e violento della specie umana.

Secondo Michel Chossudovsky, direttore del prestigioso Global Research, l’Italia non è mai stata liberata! Parole, queste, pronunciate al Convegno Internazionale, tenutosi a Firenze, sul bilancio storico della NATO, nel suo settantennale, lo scorso 7 aprile:

« […] la Nato non è un’alleanza! È uno strumento di occupazione militare. È una entità responsabile di crimini di guerra. Vorrei innanzitutto affrontare alcune dimensioni storiche. È importante tornare indietro al 1945. L’Italia non è mai stata liberata. Si è trattato di una occupazione. Le basi militari che sono state installate nell’immediato dopoguerra furono poi allargate con la creazione della Nato. La Nato è stata costituita nel ’49, Camp Darby, a Livorno, nel ’51. La costituzione della Nato ha agevolato la militarizzazione dello spazio europeo costruendo basi non soltanto nel territorio dell’ex asse Italia-Germania ma in tutta l’Europa. Lo scopo ultimo era quello di spezzare il rapporto tra Est ed Ovest, i rapporti sociali, economici, culturali tra Europa orientale ed occidentale, rapporti che esistevano da sempre: si voleva presentare l’Unione Sovietica come minaccia alla sicurezza europea. Quando dico che la Nato non è un’alleanza intendo dire che le strutture di comando sono controllate dagli SU, è un’entità che dipende dal Pentagono.»

Per continuare a investire nel complesso militare industriale americano (che comprende già 800 basi in 80 paesi) ci vuole una buona ragione, un nemico che appaia temibile e sufficientemente minaccioso. Il primo storico nemico era stato individuato nell’Unione Sovietica e nell’ideologia di cui si dichiarava portatrice, almeno sino alla sua implosione, nel ’91. A farne le veci, sino ad oggi, è stato il terrorismo islamico, costruito all’occorrenza, sin dall’attentato al papa per mano di Ali Ağca e suggellato dall’attacco alle torri gemelle, ma anche questa fase è stata dichiarata esaurita. Il nemico odierno, dichiarato dai documenti del Pentagono (Providing for The Common Defence – nov 2018), contro cui sono previsti 5 scenari da casus belli globale entro il 2024 è individuato in due grandi paesi: la Cina e la Russia. Sono questi due paesi a minacciare la egemonia imperiale americana avendo concretamente reso possibile un mondo sempre più multipolare. Gli USA sembrano sorprendentemente consapevoli che in tale conflitto potrebbero «subire perdite inaccettabilmente elevate e una perdita di importanti beni capitali». Guerre tra eserciti in cui le vittime saranno sempre più le popolazioni civili. 

Da sempre, gli USA possono permettersi di importare molto più di quanto non esportino. Riescono a mantenere un livello di consumi non giustificato dalla loro capacità produttiva. Qualsiasi altro paese che si permettesse una bilancia commerciale in continuo squilibrio, come gli USA dal ’71 in poi, vedrebbe una inesorabile, quanto insostenibile svalutazione della propria moneta. Il valore del dollaro è stato determinato dal fatto che esso ha costituito la principale moneta delle riserve valutarie con cui si esprimono i prezzi internazionali delle materie prime e si pagano le transazioni per la loro compravendita. I titoli di stato americani sono posti a riserva nelle banche centrali di tutto il mondo e costituiscono mezzo di pagamento negli scambi internazionali. Gli interessi che pagano su tali titoli sono sempre molto inferiori al tasso medio di mercato.

Questo ruolo di banca centrale del mondo è oggi messo in discussione da Russia e Cina.

La spesa militare mondiale, secondo le ultime stime del Sipri, ha superato i 1800 miliardi di dollari nel 2018 (+ 76% rispetto al 1998). Più della metà di tale spesa è sostenuta dagli USA (1000 miliardi $). Assai significativa la fortissima ascesa del bilancio militare cinese ormai a un quarto di quello americano. Se la forza del dollaro finanzia il complesso militare americano accade anche il viceversa: il vero sottostante del dollaro è il suo esercito con la sua capacità di minaccia esercitata su scala globale.  

I preparativi di guerra comprendono la declassificazione delle armi nucleari da strategiche a tattiche grazie alla loro riduzione di potenza. Si tratta di mini bombe nucleari (mini nukes) per le quali viene eliminata la separazione tra armi nucleari e convenzionali. La mini bomba nucleare è dichiarata non pericolosa per i civili.


« […] queste mini nukes che vengono così sbandierate e soprattutto con il fatto che sono definite armi tattiche e la tattica la fanno i capitani… la strategia la fanno i generali, ma la tattica la fanno i capitani e se un capitano si trova con una disponibilità di mini armi atomiche lui è autorizzato a impiegarle perchè è un’arma tattica.» (Gen. Fabio Mini – Firenze, 7 aprile) 

Di fronte alla prospettiva di una terza guerra atomica i più si dichiarano increduli. Hanno in mente il vecchio equilibrio del terrore. Pensano che poiché non ci sarebbero né vincitori né vinti una guerra atomica non sarà mai all’ordine del giorno. Non si rendono conto che, nel frattempo, la logica della strategia militare è del tutto cambiata e che la Nato, sotto comando USA, ha riorganizzato le sue forze nella logica del First Strike nucleare, ovvero la capacità di annullare la risposta del nemico in seguito ad un attacco atomico di sorpresa. Detto in altre parole, pensano di riuscire a vincere il confronto nucleare! Il sistema anti missile, il cosiddetto scudo stellare, coi suoi missili intercettori e di attacco, il MUOS (una sorta di direttore d’orchestra della guerra su scala globale, un dispositivo fondamentale di comando dell’offensiva strategica degli USA volta a coordinare l’attacco a sorpresa e a minimizzare gli effetti della risposta nemica), le mini nukes, l’allargamento della Nato ad Est, la rottura del trattato INF (che aveva bandito l’uso dei missili a gittata intermedia – gli euromissili), sono tutti coerenti con questo folle proposito. Inoltre, poiché l’unico modo di rispondere adeguatamente ad un attacco atomico di sorpresa, con missili che arrivano a destinazione in meno di 5 minuti, è quello di automatizzare la risposta affidandola alla “intelligenza” artificiale, una guerra nucleare potrebbe scoppiare anche per fattori accidentali in seguito a falsi allarmi gestiti dal sistema come reali.

La NATO, in 70 anni dalla sua fondazione, ha causato morte e devastazione provocando guerre, colpi di stato e operazioni sovversive di varia natura, su scala globale, dal ’45 ad oggi, con un bilancio complessivo tra venti e trenta milioni di uccisi, da moltiplicare per 10 per includere i feriti, senza tuttavia far menzione delle centinaia di milioni di vittime provocate dagli effetti indiretti delle guerre come le carestie, le epidemie, le migrazioni forzate, schiavismo e sfruttamento, danni ambientali, sottrazione di risorse ai bisogni vitali per coprire le spese militari.

Ma allora, non è forse importante chiedersi quanto sia sostenibile la guerra? Perché le campagne antimilitariste, contro la guerra, le spese militari, la Nato, non compaiono nei cortei di massa che denunciano la catastrofe climatica?

Stiliamo un elenco, seppure parziale, delle devastazioni ambientali provocate dalla guerra e dalla sua preparazione, a cui il lettore potrà sicuramente aggiungere altri elementi: test nucleari, poligoni di tiro, aree contaminate da uranio impoverito, aree minate, guerra batteriologica, guerra chimica, ecc. Qualcuno ha calcolato l’impatto ambientale di guerre ed esercitazioni militari? Per farsene una vaga idea basti pensare ai consumi di un caccia pari a circa 16 mila litri all’ora o a quelli di un carro armato che brucia 500 litri per 100 chilometri! E quali devastazioni sono in grado di provocare simili macchine belliche agli equilibri, già seriamente compromessi, dei grandi ecosistemi planetari? Perché ambiente e pace sono tenuti artificiosamente separati? Scommettiamo che, ancora una volta, guerra e Nato saranno argomenti rimossi dai programmi elettorali? Non sarebbe l’ora che gli ambientalisti, indipendentemente dagli schieramenti politici cui appartengano, si muovessero contro la guerra e coerentemente per l’uscita dalla Nato ed un’Italia neutrale?

articolo pubblicato originariamente sul numero 4 di Sovranità Popolare versione cartacea

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