La diaspora dei palestinesi per far posto ad una Smart City che sia un paradiso ma fiscale

La diaspora dei palestinesi per far posto ad una Smart City che sia un paradiso ma fiscale

Febbraio 10, 2025 0 Di Francesco Cappello

Come si voleva, sin dall’inizio, la Striscia di Gaza è stata ridotta ad un cumulo di macerie, miste a resti umani, ma c’è un ultimo problema. Si tratta dei palestinesi rimasti ostinatamente in vita dopo che le loro città ed infrastrutture sono state letteralmente rase al suolo grazie alla collaborazione con gli USA e i suoi alleati, tra cui l’Italia, pienamente collaborativi col progetto sionista in termini di appoggio politico e logistico militare. I palestinesi sono sfacciatamente sopravvissuti persino al blocco dell’ingresso dei viveri protrattosi per tutta la durata dell’assedio continuativo, di un anno e quattro mesi, da parte di un esercito moderno e tecnologico contro una popolazione inerme.
Come si risolve il problema?
Sinora anche ai palestinesi che avevano un posto dove fuggire era stato impedito di lasciare la Palestina, se non in rarissimi casi. Usare la bomba atomica come pure è stato proposto da Amihai Eliyahu, noto anche come Amihai Ben-Eliyahu, Ministro per gli Affari e il Patrimonio di Gerusalemme, appartenete al partito ultranazionalista Jewish Power (Potere Ebraico), sarebbe stato imbarazzante e controproducente per via del fallout radioattivo che avrebbe debordato dai confini palestinesi e impedito ai coloni di tornare a Gaza, per cui l’ipotesi è stata scartata.
Ora con il salvatore Trump hanno semplicemente dato il permesso ai palestinesi di lasciare la Striscia a tempo indeterminato fino a quando, dicono, non finiremo di trasformarla in in una Smart Gazaland.
Non parlano di soluzioni a due Stati né di ricostruire la Palestina per i palestinesi. Vogliono una diaspora dei palestinesi, facendola passare per una concessione di Trump. È facilmente intuibile che se questo piano dovesse essere attuato quelli che continuassero a non voler abbandonare la propria terra saranno più o meno schiavizzati, cittadini di serie zeta, ridotti a manovalanza degli israeliani e dei loro coloni.

Farli fuori tutti o chiuderli in una riserva indiana sarebbe stato un po’ scomodo e imbarazzante persino per USA e Israele. Allora non rimane che espellerli, ovviamente per il loro bene, dopo aver reso impossibile la vita in Palestina.
I palestinesi si sono opposti al genocidio del loro popolo. Bisogna rendersi conto che in questo modo, con l’espulsione, la diaspora dei palestinesi e la loro pulizia etnica, il genocidio troverebbe il suo compimento più totale. La soluzione finale.

Si tratta, infatti, del completamento del progetto israeliano di rubargli anche le ultime terre che ancora non erano riusciti a sottrarre loro, con la legittimazione/benedizione da parte degli USA della pratica delle deportazioni, in barba a qualsiasi legge ed ordine internazionale calpestando ancora una volta la Carta delle Nazioni Unite su cui Lavrov ha detto che andrebbe fondato il nuovo ordine multipolare.

Hanno dato il permesso ai palestinesi di andarsene e li aiuteranno ad andarsene, perché qualsiasi altra alternativa è ritenuta scomoda. I Palestinesi devono lasciare la loro terra per essere trasferiti (leggi deportati) in qualche paese “ospitante”, tra l’altro a sue spese. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz non ha perso tempo: “Ho incaricato l’IDF (militare) di preparare un piano per consentirela partenza volontaria per i residenti di Gaza” , “in qualsiasi paese disposto ad accettarli”. I media israeliani riportano le sue parole: “Alla popolazione di Gaza deve essere consentito di godere della libertà di movimento e della libertà di immigrare”.

Il futuro di Gaza? Una smart city dove sperimentare l’intelligenza artificiale applicata alla sorveglianza digitale?

Un professore di Washington, Joseph Pelzman, professore di economia alla George Washington University, ha proposto a suo tempo un piano per trasformare la Striscia di Gaza in una “riviera” turistica gestita dagli Stati Uniti, un progetto che ha presentato al team di Trump. Pelzman, un economista esperto di Medio Oriente, ha delineato la sua visione in un articolo pubblicato sul Global World Journal e in un podcast, immaginando una ricostruzione di Gaza come una smart city ultra tecnologica con capitali stranieri tecnologicamente avanzata, con grattacieli, infrastrutture moderne (metropolitana leggera, porti, aeroporto) e autosufficiente dal punto di vista energetico (energia solare) gestita attraverso una partnership pubblico-privata e finanziata con ingenti capitali stranieri (stimati tra 1 e 2 trilioni di dollari). Il modello per questa “e-Gaza” sono le città delle petro-monarchie del Golfo, Singapore, Puerto Rico, Hong Kong o Panama, con l’obiettivo di creare un paradiso fiscale o un hub finanziario. Pelzman sostiene che Gaza non appartiene ai gazawi ma è un territorio senza leggi sulla proprietà, disponibile per un accordo di locazione con investitori stranieri. Israele e l’Autorità palestinese sarebbero le uniche parti che possono offrire un contratto agli investitori, basandosi sugli accordi di Oslo del 1993. Pelzman critica l’approccio di Biden e la soluzione a due Stati, sostenendo la necessità di pensare fuori dagli schemi. Anche se il suo lavoro non è direttamente citato da Trump, il progetto ha trovato un sostegno entusiasta in ambienti filo-israeliani negli Stati Uniti.

Fonte “Gaza riviera, il prof ideologo del piano senza palestinesi” di Riccardo Antoniucci, Il fatto quotidiano, 10 Febbraio 2025.


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