
L’Armata Brancaleone europea dopo la mascherina indossa l’elmetto per salvare la finanza con i nostri risparmi
“Qualunque cosa si faccia per abbassare la spesa pubblica è ben fatta eccetto che per alcune spese molto selezionate come quelle per la difesa militare di cui abbiamo reale necessità” M.F.
Questa affermazione è di Milton Friedman, definito “l’eroe della libertà” consigliere delle politiche economiche dello stato minimo del dittatore Pinochet ed evidentemente ispiratrice delle politiche della Ue.
La loro reale emergenza è, come vedremo, la minaccia di crollo del sistema finanziario speculativo occidentale. Per rinviare il collasso hanno bisogno di disinnescarlo dando in pasto al mostro finanziario bolle su bolle. A questo fine viene dirottato il risparmio dei piccoli privati, per alimentare l’ennesima bolla finanziaria, quella degli armamenti, costruendo titoli ad hoc in grado di attrarre gli investimenti dei piccoli privati a favore dei grandi privati della finanza di guerra.
Rearm Europe è un piano di 800 miliardi che dovrebbe servire per la difesa comune europea già passato a larga maggioranza nel Parlamento italiano. Se si considera che nel 2024 l’Unione Europea ha destinato complessivamente 400 miliardi di dollari al settore della Difesa (senza contare il trilione di dollari statunitensi in spesa militare) e che, nello stesso periodo, la Russia ha speso poco più di 140 miliardi di dollari per la difesa si comprende come Rearm Europe abbia tutt’altri fini rispetto a quelli dichiarati.
Dal punto di vista narrativo, per imporre il riarmo ai paesi dell’Unione si utilizza il tradimento di Trump e il fantomatico pericolo dell’imminente invasione russa. Si ricorre poi all’art.122 del Trattato europeo che prevede misure per affrontare situazioni di emergenza economica e calamità naturali bypassando il Parlamento [5].
Armarsi a debito
La Commissione Europea fornirà una garanzia solo su 150 miliardi di questo totale (debito comune europeo 150 miliardi di euro). I restanti 650 miliardi di euro dovranno essere raccolti dai singoli stati. Per indorare la pillola le spese necessarie saranno esonerate dal Patto di Stabilità. Importante notare che esse rappresentano comunque un debito (che nel caso italiano si sommerà ai 3 trilioni di debito pubblico) che dovrà essere ripagato dai cittadini dei rispettivi paesi, con i relativi costi in termini di interessi seppure per gentile concessione della BCE si tratterà di un tasso di interesse sui depositi, agevolato al 2,5%, con l’obiettivo di incentivare il sistema delle banche armate a investire nel sistema di guerra.
Paesi con maggiore spazio fiscale, come la Germania, potrebbero essere in grado di indebitarsi per alimentare la produzione di armi e persino mantenere una certa spesa pubblica, mentre paesi come l’Italia, con minori margini di manovra, potrebbero subire un processo di impoverimento.
Questa massiccia emissione di debito rischia di innescare una competizione tra Stati, con l’Italia costretta a offrire tassi più alti rispetto a paesi come Germania o Francia, dotati di rating creditizi superiori. Il risultato sarà un ulteriore aumento degli oneri finanziari per le già fragili casse pubbliche italiane.
A ciò si aggiunge l’emissione di 150 miliardi di euro di debito comune europeo, che, grazie alla sua maggiore solidità, rappresenterà una concorrenza diretta al debito italiano, spingendo quest’ultimo a incrementare ulteriormente i tassi di interesse per attrarre investitori. Un ulteriore elemento di pressione deriva dalla possibilità che la Banca Europea degli Investimenti (BEI) emetta obbligazioni per finanziare le spese militari, offrendo rendimenti competitivi e creando un’altra fonte di concorrenza per il debito italiano.
Infine, il Piano prevede che i governi possano dirottare i fondi di coesione, tradizionalmente destinati a progetti di sviluppo territoriale, verso il finanziamento degli armamenti. Per l’Italia, dove questi fondi sono cruciali per il Mezzogiorno e le aree interne, tale opzione rischia di privare regioni già svantaggiate di risorse vitali, pur di evitare l’emissione di ulteriore debito.
VON DER LEYEN, ‘A MARZO UNIONE DI RISPARMI E INVESTIMENTI’
“L’Europa ha tutto ciò che le serve per prendere il comando nella corsa alla competitività. Questo mese, la Commissione presenterà l’Unione del Risparmio e degli Investimenti.”
“Trasformeremo i risparmi privati in investimenti necessari e lavoreremo con i nostri partner istituzionali per farli decollare.“
Lo ha annunciato con un tweet la presidente della Commissione Ursula von der Leyen dopo l’incontro con il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, la presidente della Bce Christine Lagarde e il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe in vista dell’Eurosummit di marzo.
Ciò permetterà, come vedremo, di dirottare il risparmio privato e il debito comune verso l’alimentazione della bolla finanziaria del riarmo.
Ed ecco le dichiarazioni di Enrico Letta che, ricordiamolo, ha avuto un ruolo chiave nella costruzione dell’Unione Bancaria Europea[2]:
“ci vogliono investimenti privati per sostenere l’Europa unita. Servono strumenti di investimento anche per il pubblico, accessibili anche al retail che siano concorrenziali ed è quindi necessario che abbiano un incentivo fiscale. Prodotti ad hoc di risparmio (il piano Savings and investment Union – Piano risparmio e investimenti nell’Unione) per finanziare gli investimenti pubblici europei e l’economia reale”
Per far fronte alla crisi delle borse, in stato ormai avanzato hanno bisogno di usare i risparmi privati europei costruendo una bolla finanziaria nel riarmo dell’Europa che li attiri. I risparmi europei ammontano a 30.000 miliardi di euro, una cifra enorme. Si consideri che il patrimonio gestito dai grandi fondi di investimento USA che gestiscono larga parte del risparmio internazionale, ammonta a più di 40.000 miliardi. La guerra commerciale si è tramutata in una guerra finanziaria su scala globale (si pensi al rinnovato e decisivo ruolo dei mercati finanziari orientali, in primis quello cinese). In quest’ordine di cose l’unione dei capitali europei, proposto da Draghi, è più precisamente una prospettiva di sopravvivenza del sistema finanziario occidentale ed europeo piuttosto che un nuovo volano di sviluppo. Si tenta, infatti, di mettere un argine al drenaggio dei capitali privati europei (30.000 miliardi) operato dai grandi fondi di investimento USA verso gli Stati Uniti. Allo scopo si vuole rafforzare l’asset management [4] europeo per concorrere con i grandi fondi statunitensi costruendo, come proposto da Draghi, un mercato unico dei capitali europeo che vogliono però dirottare verso le tecnologie green, l’intelligenza artificiale europea e soprattutto i finanziamenti militari per la costruzione dell’esercito europeo.
Smantellamento del welfare a vantaggio del warfare
Rearm Europe sottrarrà inevitabilmente risorse ad altri settori cruciali dello stato sociale, come la sanità, l’istruzione, la ricerca e la previdenza. Si tratta, infatti, di debito che dovrà essere ripagato dai cittadini, con conseguente riduzione della capacità degli stati di investire nel welfare. La creazione di un clima di emergenza bellica permette di far accettare all’opinione pubblica la necessità di ridurre la spesa in ambiti sociali considerati meno urgenti rispetto alla difesa che ha come conseguenza l’accelerazione del processo di privatizzazione dello stato sociale. La necessità di indebitarsi per le armi e l’impossibilità di farlo per altre spese a causa dei vincoli di bilancio (escluse le spese militari), spinge, infatti, i governi a tagliare la spesa in settori come la sanità e le pensioni pubbliche. Questo scenario apre ulteriormente la strada all’ingresso dei grandi fondi e dei gestori del risparmio privato nel sistema previdenziale. Ovviamente questo implicherà il sacrificio del welfare per il Warfare. Lo scardinamento dello stato sociale europeo va tutto a vantaggio dei grandi fondi che potranno così vendere le loro polizze sanitarie e pensionistiche ai privati stanchi del malfunzionamento dei servizi pubblici. Polizze che servono solo ad aumentare la liquidità globale, ma che non garantiscono la cura come succede negli Stati Uniti. Purtroppo a farne le spese saranno decine di migliaia di risparmiatori, finanziarizzati a forza di polizze.
Difesa comune e superstato europeo
La difesa comune europea è anche un modo per tenere insieme l’Unione Europea che sta subendo un processo di disgregazione. Draghi, ricorrendo al collante della minaccia russa, mira alla costruzione di un superstato europeo, gli Stati Uniti d’Europa. Come nel dopo pandemia, si concepisce un “PNRR” dopo la sconfitta USA/NATO ad hoc finalizzato al riarmo. Si tratta di un ulteriore esperimento di debito comune europeo che mira alla messa in comune dei sistemi fiscali nazionali e alla costruzione di un sistema fiscale europeo unificato e al dirottamento dei risparmi privati dei cittadini europei verso gli investimenti militari.
Sistemi che alimentano il carosello finanziario della finanza speculativa internazionale, proprio quando essa mostra segni di instabilità strutturale.
Bond europei a cui però si oppongono i paesi più ricchi europei che non vogliono emettere debito comune con quelli più poveri e largamente indebitati.
Lo stato dell’economia finanziaria. Da una bolla all’altra
Come anticipato la finanza somiglia sempre più ad un’enorme bolla di bolle [1] che ogni tanto smettono di gonfiarsi minacciando di sgonfiarsi troppo rapidamente e a volte catastroficamente tutte insieme.
Il Nasdaq 100, un gigante tecnologico, in un solo giorno (lunedì 10) ha perso oltre mille miliardi di dollari. Come riportato dal The Wall Street Journal, la perdita del Nasdaq è avvenuta dopo che Trump ha paventato la possibilità di una recessione. Era dal 2022 che non si vedeva un rosso così acceso. Il settore tecnologico, oltre a risentire delle notizie sui dazi, è sopravvalutato rispetto ai suoi fondamentali. La capitalizzazione supera, infatti, di molte volte il suo valore reale. E se guardiamo all’intero anno, la situazione non è molto diversa, con un meno 7% generale e colossi come Nvidia e Tesla hanno visto il loro valore scendere rispettivamente del 30% e di oltre il 50% da inizio anno, con diminuzioni significative contemporaneamente in tanti mercati, dalla California, all’Europa. Anche Palantir, dopo aver toccato i massimi a metà febbraio, è scesa di circa il 40% a seguito di notizie su potenziali tagli dell’88% al budget per il Pentagono nei prossimi cinque anni, il che ha allarmato gli investitori data la sua forte dipendenza dai contratti governativi. In generale, quasi tutti i settori dell’S&P 500 sono in territorio negativo. A questo quadro si aggiunge un termometro della paura, il Vix, che segna un aumento di oltre il 50% da inizio anno indice del fatto che gli investitori sono guardinghi, temono scossoni futuri. Il valore di molti investimenti è strettamente legato semplicemente alla fiducia e alle aspettative. Non è un caso che in questo frangente l’oro, bene rifugio per eccellenza, abbia raggiunto i massimi. Certamente non si tratta di un crollo dei mercati, non siamo ancora di fronte a ribassi del 20%, 30% o addirittura del 40%.
L’incertezza si traduce in una maggiore volatilità dei mercati, poiché gli investitori iniziano a dubitare della crescita a lungo termine.
Un altro effetto immediato è la revisione al ribasso delle stime di crescita degli utili aziendali. Molte aziende, confrontate con l’impatto dei dazi, stanno rivedendo le proprie previsioni, con alcune stime che indicano una contrazione degli utili del primo trimestre del 2025 per le società dell’S&P 500 fino all’88%. Questo aggiustamento rappresenta una delle principali fonti di ansia per i mercati, poiché mina la fiducia nella capacità delle imprese di generare profitti in un contesto sempre più ostile.
Parallelamente, si osserva un peggioramento delle aspettative dei consumatori. L’incertezza economica e politica ha generato timori tra i cittadini, portando a una riduzione dei consumi e a una maggiore prudenza nelle spese. A complicare ulteriormente il quadro, si registra un aumento delle aspettative di inflazione, creando uno scenario potenzialmente pericoloso di rallentamento economico accompagnato da inflazione, noto come stagflazione. I dazi, storicamente, hanno un effetto inflattivo, e questa tendenza sembra confermarsi anche nel contesto attuale.
L’impatto negativo dei dazi sulla crescita economica è stato sottolineato da diverse analisi, tra cui quelle di Goldman Sachs, che evidenziano come le conseguenze siano più gravi del previsto. A ciò si aggiunge il rischio di recessione, alimentato da politiche di austerità come i tagli alla spesa pubblica e i licenziamenti nel settore amministrativo statunitense. Queste misure, implementate in un contesto già fragile a causa dei dazi, potrebbero ulteriormente deprimere i consumi e rallentare l’economia.
Sul fronte dei mercati finanziari, il potenziale calo dei prezzi delle azioni è una preoccupazione aggiuntiva. Se gli utili delle aziende diminuiscono, è inevitabile che anche i prezzi delle azioni subiscano una correzione. La crescita di indici come l’S&P 500 è strettamente legata alla performance degli utili per azione, e un loro declino potrebbe innescare un effetto domino sui mercati.
Si sta assistendo a una rotazione dei mercati e dei settori, con un deflusso di capitali dai mercati americani verso quelli europei e una migrazione degli investimenti dai titoli tecnologici ai beni di prima necessità. Questo fenomeno riflette una riallocazione strategica degli investimenti, dettata dalle incertezze legate alle politiche commerciali di Trump e dalla ricerca di asset più sicuri in un contesto globale sempre più instabile.
Ma ecco la domanda delle domande: questi ribassi sono una semplice correzione dopo una lunga corsa al rialzo, oppure si tratta di cambiamenti più profondi in atto nell’economia americana e forse nella geoeconomia globale?
Trump pretende che la FED abbassi il costo del denaro
Ecco le dichiarazioni del presidente rivolte a Jerome Powell:
“Dobbiamo abbassare i tassi di interesse. Nessuno si arricchisce con i tassi alti perché nessuno può prendere in prestito denaro. Il costo dell’energia sta scendendo e vorrei vedere i prezzi scendere ancora di più”.
“Nessuno si arricchisce. Con tassi alti la gente non può prendere denaro in prestito. Dobbiamo abbassare i tassi“
Bisogna tener presente che il conflitto di Trump è con la banca centrale USA e il potere bancario che proteggono gli interessi dei grandi fondi di investimento che si avvantaggiano grandemente da tassi elevati. Tassi alti peggiorano i conti pubblici già fuori controllo. Elon Musk ha lanciato l’allarme: “se il deficit della spesa federale non verrà risolto, l’America andrà in bancarotta.” Viceversa tassi bassi sono indispensabili per la reindustrializzazione degli USA e la ripresa economica. Si ha la netta impressione che Trump sia intenzionato a forzare un abbassamento dei tassi di interesse addirittura cercando di far crollare deliberatamente i mercati. Con l’aumento dei tassi, il costo del debito è cresciuto significativamente, e Trump potrebbe vedere un crollo del mercato come un modo per costringere la Fed a tagliare i tassi e permettere di rifinanziare il debito a costi inferiori. Non è a caso che a parlato di rischio di recessione da una parte e di necessità inderogabile di abbassare i tassi di interesse. Si ha tutta l’impressione dello scontro in atto tra due capitalismi contrapposti. Da una parte quello finanziario dei grandi fondi legato al potere bancario e dall’altro quello che punta sull’internalizzazione dell’economia americana, la reindustrializzazione, il riequilibrio della bilancia commerciale USA e il sitema delle cripto di stato. La lotta alla dedollarizzazione è però assai difficile senza l’opera dei grandi fondi e con la pratica dei dazi che da una parte ostacola la circolazione del dollaro e dall’altra alza l’inflazione che dà ottime ragioni alla FED per continuare a tenerli alti.
Il fatto che l’euro si sia apprezzato rispetto al dollaro del 4,45% nel corso degli ultimi dieci giorni favorisce le esportazioni statunitensi e sfavorite le importazioni verso gli USA forzando anche per questa via un riequilibrio della bilancia commerciale.
Come la finanza affronta il ricorrente pericolo di crollo dei suoi mercati
Nel passato più recente abbiamo visto svolgere questo ruolo all’avvento della tecnologia digitale e di internet risalente agli anni 90 a cui hanno fatto immediatamente seguito dapprima
l’e-commerce e successivamente le Fintech con i pagamenti digitali (anni 2000), i Big Data e Analytics (anni 2000) seguite da Blockchain e Criptovalute (anni 2010), pure scommesse speculative, con la loro promessa di anonimato a chi preferisce agire nell’oscurità, le tecnologie green legate al new green deal europeo (2020) [1]. A catalizzare efficacemente tutti questi processi di inflazione finanziaria, sino a produrre vere e proprie bolle finanziarie [2], le politiche emergenziali, indotte ad arte, che abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni: l’emergenza climatica la cui causa è stata individuata, da una falsa scienza asservita alle logiche di profitto, nell’eccesso di CO2 prodotta dalle attività umane, l’emergenza pandemica che ha visto anch’essa l’uso distorto della scienza in totale conflitto d’interesse, quella bellica (che hanno direzionato gli investimenti finanziari a gonfiare le capitalizzazioni di ‘bigpharma‘ e ‘bigarma‘) e quella energetica connessa a quella bellica mirante a rendere competitiva tutta la filiale del gas liquefatto, soprattutto statunitense, rispetto al gas da tubo russo bloccato con lo strumento delle sanzioni e del sabotaggio (north stream) (vedi https://www.francescocappello.com/energia-gas-liquefatto/).
Dopo bigfarma ecco bigarma…
In pratica, Trump è un elemento di destabilizzazione della finanza internazionale ed ecco perché con la regia del triumvirato finanziario dei grandi fondi, si sia reso necessario costruire una grande bolla sulle armi in Europa, su cui dirigere investimenti sicuri per i prossimi anni, in modo da tenere in piedi il carosello finanziario internazionale e con esso il modello finanziario occidentale affidato ora ad una bolla europea, gonfiata grazie a risparmi e debito europeo.
Hanno bisogno di dirottare il risparmio privato europeo verso il finanziamento del sistema di guerra contro i veri bisogni di popoli e cittadini.
In un momento di potenziale instabilità di altre bolle come quella dell’high-tech questo spostamento di capitali verso l’industria bellica potrebbe essere favorito anche dalla riconversione di stabilimenti civili in fabbriche di materiale bellico, come nel caso di aziende come Rheinmetall.
A fronte dei cali generalizzati che abbiamo prima sommariamente delineato le azioni del produttore di armi tedesco Rheinmetall sono aumentate di quasi 7 volte e così per tutte le società che producono armi.
Eutelstat ha guadagnato in pochi giorni il 587% perché si è presentato come sostitutivo di star link. Non è importante se riesca veramente. Quello che è importante è che intanto vede un incremento del proprio parco azionario di sei volte.
I profitti finanziari governano il mondo più di qualsiasi altra cosa. Ecco in cosa si traducono le false emergenze. Dopo bigfarma ecco bigarma…
Quello della finanza speculativa occidentale è un sistema intrinsecamente instabile, parassitario e pericoloso soggetto a grandi collassi periodici che franano sull’economia reale e sulle società.
La difesa comune di cui avremmo bisogno
Per tenere in piedi la finanza internazionale che pretende far soldi con i soldi dissociandosi dall’economia reale e parassitandola hanno bisogno di dirottare il risparmio privato europeo verso il finanziamento del sistema di guerra contro i veri bisogni di popoli e cittadini. Piuttosto che mettere risorse finanziarie per limentare pericolosamente il sistema di guerra abbiamo bisogno di impiegarli per:
Difendere la Salute pubblica attraverso un sistema sanitario nazionale che tornasse a funzionare.
Un sistema previdenziale in grado di diminuire l’età pensionabile piuttosto che aumentarla.
Un vero piano ed un sistema energetico nazionale che dia sicurezza a famiglie e imprese e che recuperi i rapporti virtuosi con chi li ha interrotti.
Affrontare tutto quel lavoro incompiuto che vediamo intorno a noi, nel territorio, da sempre rimandato, perché non ci sarebbero le necessarie risorse finanziarie: strade, infrastrutture, ponti eccetera.
ché si intervenga con piani di riqualificazione delle grandi periferie urbane abbandonate a loro stesse.
Difendere l’agricoltura nostrana e le nostre piccole e medie imprese.
Restituire le autostrade ai cittadini italiani.
Investire nella ricerca scientifica pubblica, senza conflitti di interesse e nella vera educazione di ogni ordine e grado.
La difesa contro le alluvioni e i dissesti idrogeologici del territorio che sconvolgono le Comunità e le loro economie quando accadono i disastri ambientali.
La difesa dei nostri Borghi, dei centri storici e la riqualificazione delle grandi periferie urbane abbandonate a loro stesse.
La difesa del nostro inestimabile patrimonio artistico storico culturale
La difesa dagli incendi
Restituire il primato all’economia reale e ad un’economia sana fondata sul lavoro che produce bene comune rispondendo alle esigenze dei cittadini.
Difenderci dalle privatizzazioni dei beni comuni, come l’acqua che deve continuare ad essere di tutti.
Per difenderci da un’iper tassazione cui sono soggetti soprattutto i lavoratori, i cittadini e le piccole e medie imprese mentre vengono escluse le grandi multinazionali.
Difenderci dai paradisi fiscali, rifugio dei grandi evasori.
Non abbiamo bisogno di un ulteriore perdita di sovranità consistente nella costruzione di una difesa comune europea che possa permettere a poteri sovranazionali di ordinare l’impiego dei nostri giovani militari in teatri di guerra che non ci appartengono.
Abbiamo bisogno di dedicarci esclusivamente alla difesa, non alla guerra mascherata da difesa.
Bisogna acquisire coscienza che il nostro paese non è in pericolo. Che i russi non ci stanno attaccando né hanno intenzione di farlo e che anzi nell’armarci contro di loro è il vero pericolo. Dobbiamo liberarci delle basi straniere sul nostro territorio, in particolare quelle che custodiscono ordigni atomici che rendono il nostro paese oggetto di ritorsione nucleare.
Dobbiamo smettere di mandare i nostri militari in missione all’estero. Ci sono più di 30 missioni in 20 paesi diversi. Dobbiamo tendere ad azzerare le spese che alimentano il sistema della guerra e tornare a riattivare una sana diplomazia e ad investire nella costruzione delle condizioni della Pace.
Dobbiamo trovare il modo di recuperare quella serenità di cui godevamo in passato nelle nostre città, ridando centralità ai processi educativi piuttosto che alla sorveglianza di massa.
[1] L’avvento di Internet ha rivoluzionato il modo in cui le persone comunicano, lavorano e fanno affari. Ha portato alla nascita di nuove industrie e ha trasformato quelle esistenti. Tuttavia, ha anche portato alla bolla delle dot-com alla fine degli anni ’90, quando molte aziende tecnologiche sono state sopravvalutate e hanno successivamente fallito. Fintech si riferisce all’uso di tecnologie digitali per migliorare i servizi finanziari, come app di pagamento, conti correnti online e piattaforme di investimento, ha trasformato il settore bancario. Blockchain e Criptovalute. La tecnologia blockchain ha inaugurato la rete transazionale introducendo un metodo sicuro e trasparente per registrare transazioni in rete senza intermediari, portando alla nascita delle criptovalute come Bitcoin ed Ethereum. Tuttavia, il mercato delle criptovalute è stato caratterizzato da estrema volatilità e rischi di bolla finanziaria.
Politiche Green. Green Deal Europeo. L’Unione Europea ha introdotto il Green Deal per promuovere la sostenibilità ambientale facendo leva sulla necessità di ridurre le emissioni di carbonio. Anche in questo caso l’entusiasmo generato dall’illusione di facili guadagni ha destato preoccupazioni riguardo a una possibile bolla verde, con investimenti eccessivi in tecnologie verdi che potrebbero rivelarsi insostenibili a lungo termine. Oggi l’Intelligenza Artificiale è utilizzata in molteplici settori nei quali è necessario analizzare, processare e valorizzare enormi quantità di dati (big data). I Robo-Advisor per fare un esempio sono dei consulenti finanziari automatizzati che offrono servizi di investimento personalizzati basati su algoritmi.
[2] Le bolle finanziarie sono situazioni in cui i prezzi degli asset, come azioni, immobili o criptovalute, aumentano rapidamente e in modo insostenibile, spesso superando il loro valore intrinseco. Quando la bolla scoppia, i prezzi crollano bruscamente, causando perdite significative a carico degli investitori meno avveduti.
Le bolle finanziarie finanziarie sono dovute a molteplici cause tra le quali un’euforia eccessiva degli investitori riguardo a un determinato mercato o asset, che si auto alimenta facendo credere che i prezzi continueranno a salire indefinitamente. A causa dell’entusiasmo, sempre più persone investono nel mercato, alimentando ulteriormente la domanda e spingendo i prezzi ancora più in alto. Inoltre gli investitori acquistano asset a fini speculativi, non tanto per il loro valore intrinseco, ma con l’aspettativa di rivenderli a un prezzo più alto in futuro. La disponibilità di credito facile o a basso costo può alimentare la bolla, permettendo agli investitori di prendere in prestito denaro per acquistare più asset. Il risultato finale di questi comportamenti fanno lievitare i prezzi degli asset fino a livelli insostenibili, distaccandosi dal loro valore reale o intrinseco. Eventi avversi o la realizzazione che i prezzi sono sopravvalutati possono far perdere, improvvisamente, fiducia agli investitori, portando a vendite massicce e al crollo dei prezzi.
Tra gli esempi di bolle finanziarie famose ricordiamo la bolla dei tulipani del 1637 in Olanda. Si verificò che i prezzi dei bulbi di tulipano aumentarono vertiginosamente prima di crollare improvvisamente. La bolla delle dot-com (1990-2000). L’euforia riguardo alle aziende tecnologiche portò a un aumento esponenziale dei prezzi delle azioni, seguito da un crollo massiccio. La crisi finanziaria globale del 2008 fu innescata da una bolla immobiliare negli Stati Uniti, alimentata da prestiti facili e speculazione.
[3] Enrico Letta ha avuto un ruolo significativo nella costruzione dell’Unione Bancaria Europea durante il suo mandato come Presidente del Consiglio italiano (2013-2014). In quel periodo, l’Unione Europea stava affrontando le conseguenze della crisi finanziaria globale e della crisi del debito sovrano, e l’Unione Bancaria era vista come una risposta fondamentale per rafforzare la stabilità finanziaria. Letta ha sostenuto attivamente l’idea di un sistema bancario più integrato e regolamentato a livello europeo. Ha lavorato per promuovere il Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM), che ha centralizzato la supervisione delle banche sotto la Banca Centrale Europea, e il Meccanismo di Risoluzione Unico (SRM), che mira a gestire le crisi bancarie in modo coordinato.
[4] L’industria di asset management si occupa della gestione professionale degli investimenti per conto di clienti, come individui, aziende o istituzioni. Gli asset manager lavorano per ottimizzare i rendimenti e minimizzare i rischi, investendo in una varietà di strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, immobili o fondi con l’obiettivo della crescita del capitale o generazione di reddito, adattandosi ai profili di rischio dei clienti. I clienti includono privati benestanti, fondi pensione, assicurazioni e istituzioni finanziarie.
L’asset Management ha di rescente prestato molta attenzione agli investimenti ESG (ambientali, sociali e di governance) e all’uso della tecnologia, come intelligenza artificiale e big data.
[5] L’articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prevede misure per affrontare situazioni di emergenza economica e calamità naturali. Ecco i punti principali:
- Comma 1: Permette al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure appropriate in uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri, in particolare in caso di gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, come l’energia.
- Comma 2: Consente al Consiglio di concedere assistenza finanziaria a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo.
Queste disposizioni sono state utilizzate in passato per rispondere a crisi come l’emergenza energetica, la crisi del debito sovrano e la pandemia di COVID-19.
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