
Pochi e maledetti. Bitcoin genera deflazione (terza parte)
Bitcoin ha un effetto deflazionistico a causa della sua quantità predeterminata e limitata. Il protocollo di Bitcoin stabilisce, infatti, che il numero totale di bitcoin che potranno essere emessi è fissato a 21 milioni. Questa scarsità artificiale è stata voluta dai suoi creatori per renderlo simile ai metalli preziosi come l’oro (oro digitale)
Ci sono almeno tre motivi per cui questa offerta fissa porta a un potenziale effetto deflazionistico [1]. Il primo è dovuto ad un’offerta che rimane fissa anche contro una domanda variabile. Con una quantità di moneta fissa, se la domanda di bitcoin aumenta (ad esempio, se un numero maggiore di persone desidera utilizzarlo), il suo valore tenderà a salire, portando ad una deflazione dei prezzi espressi in bitcoin. In altre parole, con la stessa quantità di bitcoin, si potranno acquistare più beni e servizi nel tempo.
Incentivo all’accumulazione (tesaurizzazione)
La prospettiva di un apprezzamento del valore del bitcoin, dovuta alla sua scarsità e alla potenziale crescita della domanda, ingenera la tendenza a conservarlo (tesaurizzarlo) anziché spenderlo. Se molti utenti preferiscono detenere bitcoin in attesa di un ulteriore aumento di valore, la quantità di bitcoin disponibile per le transazioni diminuisce, rendendolo ancora più scarso rispetto alle potenziali transazioni e autoavverando la prospettiva di apprezzamento e quindi la deflazione.
Il Bitcoin è paragonabile ad un moderno gold standard
In un sistema basato sull’oro, una quantità fissa di moneta può portare a periodi di deflazione se la produzione economica cresce più rapidamente della disponibilità di oro. Allo stesso modo, la crescita dell’economia in cui il bitcoin è utilizzato come moneta potrebbe superare la crescita (ormai lenta) dell’offerta di bitcoin, esercitando una pressione deflazionistica.
In altri termini, Bitcoin, anziché superare la concezione della moneta come merce, la estremizza, considerandola il prototipo del bene economico. La creazione di bitcoin è, infatti, legata alla validazione contabile dei pagamenti e non alla significatività economica degli scambi.
La quantità di bitcoin che un minatore riceve come ricompensa è indipendente sia dall’ammontare medio delle transazioni che dal loro numero. In altre parole, la creazione di nuovi bitcoin non è direttamente collegata al valore economico dei beni o servizi che vengono scambiati utilizzando bitcoin. Questo meccanismo di emissione differisce da quello delle valute fiat, dove le banche centrali cercano (almeno in teoria) di regolare la quantità di moneta in circolazione in relazione alle esigenze dell’economia. La creazione di bitcoin non è legata agli scambi che essa dovrebbe servire, il che rappresenta una differenza fondamentale rispetto a un sistema monetario idealmente concepito per facilitare e riflettere l’attività economica reale. In definitiva, l’immissione di nuova moneta bitcoin nel sistema è un sottoprodotto del processo di mantenimento del registro contabile e non una risposta diretta o proporzionale al valore degli scambi economici che avvengono tramite bitcoin.
Bitcoin nasce anche come reazione alle politiche monetarie espansive delle banche centrali, che possono causare inflazione. La sua offerta fissa è vista da alcuni sostenitori come una garanzia contro la manipolazione e le derive inflazionistiche. Tuttavia, questa rigidità nell’offerta può portare al problema opposto, la deflazione [1].
Questa potenziale deflazione è considerata da alcuni ideologi di Bitcoin come un effetto desiderabile, in linea con una concezione iperliberista della moneta come merce scarsa.
La macroeconomia del bitcoin è un tema che necessita di essere esplicitato, poiché non esiste un testo “ufficiale” che descriva il suo disegno economico come sistema monetario con lo stesso livello di dettaglio del suo white paper tecnico.
Un punto cruciale della macroeconomia del bitcoin è per l’appunto, la sua offerta massima prefissata e il ritmo predeterminato della sua creazione. Questo significa che la quantità di bitcoin è esogena rispetto al sistema di scambi che è chiamata a servire e sarà definitivamente fissata una volta estratti tutti i 21 milioni di bitcoin previsti.
Sia la predefinita e limitata quantità di bitcoin che la sua tendenza a essere percepita come riserva di valore lo rendono intrinsecamente deflazionistico. Secondo una visione semplificata della teoria quantitativa della moneta, data la quantità fissa di bitcoin e la loro velocità di circolazione, se le transazioni in bitcoin crescono, il livello dei prezzi in bitcoin scende e il valore del bitcoin sale. Questo aumento di valore del bitcoin è una conseguenza diretta della sua scarsità in relazione a una domanda potenzialmente crescente, ed è un’altra faccia della medaglia della deflazione espressa in termini di prezzi dei beni e servizi in bitcoin.
La macroeconomia del bitcoin nasce da una critica del sistema monetario fiat e delle politiche delle banche centrali, percepite come inclini al sostegno delle banche piuttosto che degli scambi e degli investimenti reali. Bitcoin ambisce a rimuovere il “fattore umano” dalla creazione monetaria nella convinzione che la discrezionalità delle banche centrali possa portare a errori o a favorire interessi di parte.
Il progetto Bitcoin mira anche a una separazione del sistema dei pagamenti dal sistema del credito. Tuttavia, rendere pressoché impossibile una qualsiasi flessibilità nella creazione di moneta aggrava i problemi del sistema fiat.
Oltre al potenziale effetto deflazionistico, un altro aspetto fondamentale è la volatilità del valore del bitcoin. La sua stabilità è affidata a un sentiero di crescita predeterminato dell’offerta, mentre la domanda è libera di fluttuare senza alcun ancoraggio. Ciò rende il valore del bitcoin potenzialmente in balia delle aspettative, con il rischio di bolle speculative e la possibilità di un crollo del valore anche a zero.
Violazione della legge del prezzo unico ovvero ciò che si è buttato fuori dalla porta rientra dalla finestra… Il valore del bitcoin varia, infatti, significativamente tra le diverse piattaforme di scambio, a differenza dei mercati valutari integrati. Questo determina un ritorno degli intermediari. Nonostante l’obiettivo di disintermediazione, si è assistito di fatto ad una proliferazione di nuovi intermediari (exchange, marketplace, fornitori di portafogli elettronici, broker di cripto, ecc.), con il ritorno dei rischi operativi, di insolvenza e di frodi.
La macroeconomia implicita nel progetto Bitcoin è quella di un’economia basata su scambi tra individui autonomi, con un forte accento sulla proprietà assoluta della moneta. In questa visione, la moneta è considerata una cosa di proprietà il cui valore si determina meccanicamente su un mercato competitivo. Oltretutto, Bitcoin, come moneta esclusivamente peer-to-peer, si rivela adatta solo a un’economia ridotta a scambi di beni già prodotti, senza considerare la dimensione temporale dell’investimento e dell’indebitamento.
La creazione di nuovi bitcoin non è legata al valore economico degli scambi che avvengono con i bitcoin, ma solo al processo tecnico di validazione dei pagamenti. È come se venissero create nuove “tessere magiche” indipendentemente dal fatto che le auto che passano trasportino merci di valore o siano semplicemente vuote.
Con Bitcoin, il sistema che permette di scambiare (il sistema di pagamento) è inseparabile dal modo in cui la “cosa” che viene scambiata (il bitcoin) viene creata. Questa confusione tra scambio e cosa scambiata nel sistema Bitcoin significa che il modo in cui i pagamenti vengono registrati e verificati (il sistema di pagamento Bitcoin) è strettamente legato alla creazione di nuova moneta bitcoin. Le due cose non possono essere separate.
Normalmente, un sistema di pagamento (come le banche che gestiscono i bonifici in euro) è distinto dalla moneta stessa (l’euro), e la creazione di nuova moneta è un processo separato gestito dalle banche centrali.
Con Bitcoin, invece, i nuovi bitcoin vengono creati come ricompensa per le persone (i “minatori”) che si occupano di validare e registrare le transazioni sulla blockchain. Questo processo di validazione è essenziale per far funzionare il sistema di pagamento Bitcoin. Quindi, l’atto di far funzionare il sistema di pagamento (convalidando gli scambi) è intrinsecamente legato alla creazione di nuova “cosa scambiata” (bitcoin).
Per fare un’analogia, si pensi a un sistema di pedaggio su un’autostrada (il sistema di pagamento). Di solito, paghiamo un pedaggio in euro (la cosa scambiata, la moneta) per poter passare. I soldi del pedaggio vanno alla società che gestisce l’autostrada. In Bitcoin, è come se i casellanti del pedaggio (i minatori) non solo ti facessero passare dopo aver pagato, ma venissero anche pagati con delle nuove “tessere magiche” (nuovi bitcoin) che vengono create ogni volta che convalidano un certo numero di passaggi. La creazione di queste nuove “tessere magiche” (la moneta) è direttamente collegata al lavoro di far funzionare il casello (il sistema di pagamento). La quantità di bitcoin emessi è perciò predeterminata dal protocollo e non dipende dal volume o dal valore economico degli scambi facilitati da Bitcoin. Questo disallineamento significa che nuova moneta viene immessa nel sistema indipendentemente dalle reali esigenze dell’economia.
Al 5 aprile 2025, sono stati emessi circa 19,96 milioni di bitcoin, avvicinandosi al limite massimo di 21 milioni stabilito dal protocollo Bitcoin. NerdWallet: Finance smarter+2Rankia | Rankia: Comunità finanziaria+2Kraken+2. Come noto, il processo di emissione dei bitcoin avviene attraverso il mining, in cui i miner ricevono nuovi bitcoin come ricompensa per la validazione delle transazioni. Questa ricompensa inizialmente era di 50 bitcoin per blocco, ma si dimezza ogni 210.000 blocchi (circa ogni quattro anni) in un evento noto come halving.
Man mano che ci avvicineremo all’emissione massima di 21 milioni di bitcoin assisteremo alla fine del signoraggio come principale incentivo per i minatori. Attualmente, i minatori sono ricompensati con bitcoin di nuova coniazione per il loro lavoro di validazione delle transazioni. Questo “signoraggio” copre i costi di gestione del sistema Bitcoin. Man mano che l’emissione di nuovi bitcoin si avvicinerà al limite di 21 milioni e la ricompensa per blocco diminuirà (essendo dimezzata periodicamente), i minatori dovranno dipendere in misura crescente dal pagamento di commissioni per sostenere i costi di autorizzazione delle transazioni. Assisteremo quindi ad un potenziale aumento dei costi di transazione. Quando la creazione monetaria finirà, i minatori saranno remunerati principalmente attraverso le commissioni sulle transazioni. Al 5 aprile 2025, la ricompensa per i miner di Bitcoin è di 3,125 BTC per ogni blocco minato con successo. Questa ricompensa è stata ridotta dalla precedente di 6,25 BTC a seguito dell’halving avvenuto il 20 aprile 2024. Oltre alla ricompensa fissa per blocco, i miner ricevono anche le commissioni delle transazioni incluse nel blocco. Ad esempio, nelle ultime 24 ore, la ricompensa totale per blocco è stata di circa 3,152 BTC, comprendendo sia la ricompensa base che le commissioni. BitInfoCharts
Il prossimo halving è previsto per aprile 2028, quando la ricompensa per blocco verrà ulteriormente ridotta a 1,5625 BTC
Se questo livello di costi dovesse persistere o aumentare, potrebbe rendere proibitive le transazioni di basso importo.
La sostenibilità economica del sistema di pagamento Bitcoin potrebbe essere a rischio quando la creazione di nuovi bitcoin cesserà. Se i costi di transazione diventassero troppo elevati, l’uso di Bitcoin come mezzo di pagamento potrebbe diminuire. Bitcoin potrebbe smetterà di funzionare come mezzo di pagamento quando cesserà di essere alimentato e sostenuto economicamente dalla continua creazione di nuovi bitcoin.
L’incentivo economico fornito dalla ricompensa in nuovi bitcoin è cruciale per mantenere la potenza di calcolo distribuita e garantire la sicurezza della blockchain. Una riduzione significativa di questo incentivo, non adeguatamente compensata dalle commissioni di transazione, potrebbe potenzialmente influire sulla sicurezza della rete, rendendola più vulnerabile a un attacco del 51 per cento quando un singolo miner o un gruppo di miner controlla più del 50% della potenza di calcolo totale (hashrate) della rete Bitcoin. In sintesi, l’avvicinarsi all’emissione massima di bitcoin potrebbe portare a una transizione da un sistema incentivato principalmente dalla creazione di nuova moneta a uno basato sulle commissioni di transazione. Questo cambiamento potrebbe avere come conseguenza costi di transazione più elevati, potenziali problemi di scalabilità e un possibile impatto sulla sicurezza della rete Bitcoin
Si prevede che l’ultimo bitcoin verrà minato intorno all’anno 2140, momento in cui la fornitura totale raggiungerà i 21 milioni. L’avvicinarsi all’emissione massima di bitcoin potrebbe portare a una transizione da un sistema incentivato principalmente dalla creazione di nuova moneta a uno basato principalmente sulle commissioni di transazione con i connessi problemi di scalabilità a cui si è già accennato.
C’è chi si è spinto a diffondere l’idea che Bitcoin sia la “moneta del popolo”. Un’idea fallace e fuorviante. Essa in realtà crea una divisione tra possessori e non possessori senza meccanismi di ridistribuzione adeguati. Bitcoin rischia di non raggiungere le mani giuste e nelle giuste proporzioni per facilitare gli scambi reali. La sua natura di moneta di tutti e di nessuno lo rende potenzialmente inadeguato come moneta per una comunità di scambio, inclusa quella del commercio internazionale, dato che la sua creazione non è intrinsecamente legata al valore economico degli scambi stessi.
[1] La deflazione è il contrario dell’inflazione. Succede quando i prezzi dei beni e dei servizi scendono in modo generale e prolungato nel tempo.
Una pizza che oggi costa 10 euro, in presenza di deflazione tra qualche tempo, la stessa pizza, potrebbe costare 9 euro. A prima vista sembra una cosa positiva perché si può comprare di più con gli stessi soldi. Ma in realtà è un problema per l’economia, perché:
- Le persone rimandano gli acquisti, sperando che i prezzi scendano ancora.
- Le imprese vendono meno e guadagnano di meno.
- Possono iniziare a licenziare dipendenti o a non investire più.
- Le materie prime, prima dell’assemblaggio, hanno un costo più alto di quello in cui il prodotto finale giunge sul mercato che impone un prezzo più basso del costo di produzione.
- L’economia rallenta, e può entrare in crisi.
In pratica, con la deflazione si entra in un circolo vizioso: meno consumi → meno guadagni → più disoccupazione → ancora meno consumi.
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